un discorso, spesso sostituito da comodi ‘brainstorming’. In greco, λόγος, lógos, e in latino ‘verbum’, ‘parola’ è un lemma dalla doppia accezione: ‘parola’ che si articola nel discorso, e si confronta con altri lemmi, e ‘pensiero’, che si esprime nel lemma ‘parola’, propriamente detto. Se per Eraclito di Efeso la ragione è principio universale di razionalità e del divenire, e per l’Ateniese Platone indica il procedere del pensiero, nella cultura alessandrina, greca e biblica, esso diviene potenza divina mediatrice tra Dio Creatore ed il molteplice. Nella cultura cristiana, fondata per questo aspetto nel Prologo giovanneo, il Verbo è Persona divina. Pensato eternamente dal Padre, espressione e immagine del Padre, una cosa sola con il Padre, ‘che opera sempre’ (Gv 5, 17) e sempre ascolta il Verbo (Gv 11, 42), sia come Verbo preesistente, che disceso nella carne. La Parola è ‘fonte’ e ‘azione’, ‘essere’ in sé e partecipazione nel movimento. Così avviene ordinariamente in chi pensa e parla, pur senza saperlo, ad immagine di Dio. ‘Penso’ mediante la parola (che corrisponde al Figlio). Pronunciandola, manifesto il pensiero (Logos, che è il Figlio) e partecipo il pensiero a chi mi scolta o legge. Egli così a me si unisce nella risposta. Nel Tempo di Avvento, l’Ufficio delle Letture, -la Liturgia delle ore consacra il tempo all’eterno mistero della manifestazione divina-, i primi quattro testi patristici parlano, con Cirillo di Gerusalemme e Bernardo, di ‘due venute di Cristo’: la prima nella carne (umiliazione-Croce) e la seconda nella Gloria del Giudizio. Quando la Parola ‘si vela’ nell’incarnazione e nella morte, si copre nuovamente, si ‘ri-vela’, apparentemente scompare, si sottrae. Solo ora, nella morte del Dio-Uomo, diviene possibile la manifestazione della parola umana. È la notte silente del Natale, e, allo stesso tempo, è la notte del mondo, allorché si fece buio e silenzio! Gregorio Nazianzeno, nella lettura del martedì, s’intrattiene sul Verbo prima del tempo, prima del visibile, sul Principio che ha origine dal Principio. Il Verbo è origine del mondo creato nel Principio, che è il Padre. E, ancora Bernardo nella lettura del Mercoledì, alla prima e alla seconda venuta ne aggiunge una terza: la venuta intermedia. Essa avviene nel cuore, grembo della Parola-Verbo, come in Maria, che meditava tutte queste cose nel suo cuore (Lc 2, 19) e le conservava meditandole. Chi insegna scopre in queste venute una feconda ispirazione pedagogica, che si compie in tre tempi: il ritiro meditativo nel pensiero; la comunicazione ri-velativa nella comunicazione, silenzio-ascolto, lasciando parlare l’interlocutore (morte simbolica del maestro); l’attesa della risposta comunionale (comune-unione dei due) con l’ ‘alunno’. Ora egli può nascere. E a Natale, Gesù nasce perché ognuno nasca perché qualcuno si è innamorato degli “occhi aperti e dolci” (Vecchioni, intervista) di un alunno. Solo così la parola ‘inclusione’ non sarà solo una parola usurata, ma corale.